Da Samarcanda a Mazar-i-Sharif: un viaggio nella terra dell’hashish
La Via della Seta non è solo un percorso tracciato nella terra dalle orme di mercanti e pellegrini; è un’arteria viva, animata dai ricordi di chi l’ha percorsa. Per secoli ha trasportato non solo seta e spezie, ma anche idee, credenze e tradizioni. Tra queste, la coltivazione della cannabis, una pianta che ha trovato posto nei rituali e nella vita quotidiana delle popolazioni di tutta l’Asia centrale. Oggi gran parte di questo patrimonio è scomparso, cancellato dalle maree della storia e della politica. Tuttavia, in Afghanistan, la fiamma di questa antica tradizione arde ancora luminosa e incrollabile.
Questa è la storia di un viaggio – dallo splendore della cupola blu di Samarcanda alle strade polverose di Mazar-i-Sharif – un pellegrinaggio nel cuore della cultura dell’hashish. È una storia di contrasti: tra passato e presente, tra ciò che è andato perduto e ciò che è rimasto. E, come tutti i viaggi, è costellata da momenti di sorpresa, riflessione e incontri inaspettati: una storia che dovrete leggere per intero nel mio libro “Afghanistan, Fortress of Cannabis.”.
Il contesto storico: l’eredità dell’hashish nel Turkestan
La regione storica del Turkestan, che comprendeva parti degli attuali Uzbekistan, Tagikistan, Cina nord-occidentale e Afghanistan settentrionale, era un tempo famosa per la coltivazione della cannabis e la produzione di hashish setacciato. Città come Samarcanda e Bukhara erano rinomate per l’hashish di alta qualità, che veniva commercializzato lungo la Via della Seta e importato dagli inglesi nel subcontinente durante il periodo del Raj britannico.
Tuttavia, l’invasione sovietica e le politiche successive, in particolare la Convenzione internazionale sull’oppio, hanno portato a un declino della coltivazione della cannabis in Uzbekistan e in altre parti dell’Asia centrale. L’Afghanistan, invece, è riuscito a preservare le sue tradizioni, diventando l’ultimo bastione del patrimonio di hashish del Turkestan.
Samarcanda: Echi di un mondo dimenticato
Samarcanda è una città che porta la sua storia come una corona. Le sue cupole turchesi e i suoi intricati mosaici evocano un tempo in cui era il crocevia del mondo. Qui, all’ombra del Registan, un tempo le carovane scaricavano i loro tesori e l’aria era permeata dall’odore di spezie, tè e hashish. Un tempo la coltivazione della cannabis a Samarcanda, Bukhara e Khiva era rinomata, una tradizione finemente intrecciata come i tappeti che adornavano i bazar.
Ma il tempo, come il vento che spazza la steppa, ha il potere di cancellare il conosciuto. L’era sovietica, con il suo pugno di ferro, ha sradicato gran parte di questo patrimonio. Nelle case da tè di Samarcanda, dove un tempo si riunivano poeti e mercanti, ora c’è solo un debole sussurro di ciò che è stato. L’hashish che circolava liberamente in queste strade è scomparso, lasciando dietro di sé solo i fantasmi della memoria.
Camminando per la città, ho sentito il peso di questa assenza. Samarcanda è bella, sì, ma è una bellezza che si tinge di malinconia, perché gli antichi monumenti ristrutturati sembrano stampati in 3D, come una canzone tradizionale su Auto-Tune.

Attraversare l’Amu Darya: nel cuore dell’Afghanistan
Da Termez, la città di frontiera dove l’Amu Darya segna il confine tra Uzbekistan e Afghanistan, sono entrato in un altro mondo. L’aria sembrava più pesante, i colori più brillanti. Il paesaggio, aspro e incrollabile, rifletteva la resilienza delle persone che lo abitano. Qui le tradizioni della Via della Seta non sono state dimenticate, ma sono state preservate, come un tesoro nascosto al mondo.

La strada per Mazar-i-Sharif è un viaggio indietro nel tempo. I villaggi lungo la strada erano semplici, i loro muri di mattoni di fango si confondevano con la terra. Eppure, in questi luoghi modesti, prosperava la coltivazione dell’hashish, tramandata di generazione in generazione.
Mazar-i-Sharif: il cuore della cultura dell’hashish
Mazar-i-Sharif è una città di contrasti. Le sue strade sono animate dalla frenesia del commercio, ma nel suo cuore c’è un senso di calma e atemporalità. Qui le tradizioni dell’hashish non sono reliquie del passato, ma parte integrante della vita quotidiana. Nelle case dei chillum, gli uomini si riuniscono per condividere storie e risate, con i volti illuminati dal bagliore della pipa. L’hashish che fumano è più di un piacere: è un legame con il loro patrimonio, un filo che li lega ai loro antenati.
Ero uno straniero in un mondo che sembrava allo stesso tempo estraneo e familiare. Eppure la gente di Mazar mi ha accolto con una generosità che mi ha umiliato. Hanno condiviso le loro storie, il loro cibo e il loro hashish, offrendomi uno sguardo su una cultura che ha resistito contro ogni previsione.
Balkh: la culla della storia
A breve distanza da Mazar si trova Balkh, una delle città più antiche del mondo. Le sue rovine testimoniano il passare del tempo, ma il suo spirito rimane intatto. Ho visitato i laboratori dove si produce l’hashish, con l’aria impregnata dell’odore della cannabis. Gli artigiani lavoravano con un’abilità che sembrava quasi magica, le loro mani trasformavano la pianta grezza in qualcosa di sublime.
Balkh è un luogo dove la storia è viva, dove passato e presente coesistono in un delicato equilibrio. Ci ricorda che, anche di fronte al cambiamento, alcune cose resistono.
Tappe principali del percorso
Sholgara: un gioiello nascosto tra le montagne
Adagiata ai piedi dell’Hindu Kush, Sholgara è una piccola ma importante destinazione per gli appassionati di cannabis. Il villaggio è circondato da campi di cannabis e cotone, dove gli agricoltori coltivano alcune delle migliori varietà della regione.
Tashkurghan: un crocevia di cultura e cannabis
Situata lungo l’antica Via della Seta, Tashkurghan è un crogiolo di culture e tradizioni. I mercati della città sono un fulcro del commercio e le sue case chillum sono vivaci e accoglienti.
Una diversione inaspettata: L’ombra del KGB
Il viaggio non è andato liscio. Al mio ritorno a Termez, fui arrestato dal servizio di sicurezza nazionale uzbeko, erede del KGB sovietico. Per una settimana sono rimasto invischiato in una rete di burocrazia e sospetti, straniero in un Paese che mi sembrava sempre più estraneo. L’esperienza è stata sconvolgente, ma mi ha anche ricordato la complessità di questa regione, dove il passato non è mai lontano dalla superficie.
Ho conservato la storia completa di questo incontro per il mio libro “Afghanistan, Fortress of Cannabis.” È una storia di tensione, paranoia e risoluzione, di colpi di scena inaspettati che rendono il viaggio difficile e gratificante allo stesso tempo.
L’importanza della coltivazione della cannabis in Afghanistan
La coltivazione della cannabis in Afghanistan è più di una curiosità: è una testimonianza della resilienza dello spirito umano. In un mondo che spesso cerca di omogeneizzarsi, è un promemoria della bellezza della diversità, delle tradizioni che ci rendono ciò che siamo.
Questo viaggio, da Samarcanda a Mazar-i-Sharif, non è stato solo fisico, ma anche un viaggio nel tempo e nella memoria. È stata l’occasione per scoprire una cultura che è sopravvissuta contro ogni probabilità, per incontrare persone la cui vita è stata plasmata dalla terra e dalle sue tradizioni. La coltivazione della cannabis in Afghanistan è più di una curiosità: è una testimonianza della resilienza dello spirito umano.
Scoprite il viaggio attraverso il mio libro fotografico e le mie foto
Per coloro che desiderano approfondire questo mondo, vi invito a scoprire il mio libro fotografico intitolato “Afghanistan, Fortress of Cannabis.” Sfogliando le pagine, scoprirete non solo la bellezza della cultura afghana dell’hashish, ma anche le storie delle persone che la mantengono viva. Questo libro è una celebrazione di uno stile di vita antico e duraturo, un tributo allo spirito della Via della Seta.

Per coloro che non comprendono l’inglese, la versione digitale in italiano è inclusa nel libro fisico. L’intero testo di 10.000 parole è stato tradotto (da un traduttore umano) ed è accessibile su tutti gli schermi!

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Epilogo: la strada continua
La Via della Seta non è una strada che finisce, ma un viaggio che continua, portato avanti da chi lo percorre. Da Samarcanda a Mazar-i-Sharif, la strada è costellata di storie, ognuna delle quali è un filo del mosaico umano. E finché ci saranno persone che cercano di capire, connettersi e ricordare, la strada non finirà mai.
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